Il fotografo delle farfalle

Pubblicato: Domenica, 30 Ottobre 2016 Scritto da Daniele Della Mattia

 

Spesso mi chiedono perché fotografo le farfalle. Perché sono belle, ovvio. Certo, un po’ laconica come risposta, tuttavia credo che renda bene l’idea. Volendo approfondire, la farfalla, a mio modo di vedere, distilla delicatezza ed eleganza, perfezione e ineffabilità, fragilità ed energia. Mi affascina per via di queste caratteristiche spesso contrapposte, per quel suo modo di volare un po’ planato e un po’ a balzi – secondo la specie – e per il mostrare i suoi sgargianti colori talvolta con pudore talaltra quasi con sfacciataggine. Con l’esperienza, è possibile arrivare a riconoscere una farfalla dal volo, ma anche il loro comportamento varia da specie a specie. Più si entra in sintonia con le loro abitudini, più si ha la sensazione che il mondo delle farfalle, da universo complesso da decifrare quale sembra, diviene via via sempre più attraente per le enormi differenziazioni che lo caratterizzano.

La familiarità con le farfalle risale alla mia tenera età e ha scaturito in me un interesse particolare per questi soggetti, che ha trovato in seguito, con la fotografia, il principale obiettivo delle mie ricerche. Naturalmente, nel frattempo, mi sono documentato studiando tutto quanto era possibile reperire e osservando dal vivo le prodigiose fasi delle metamorfosi di molte specie.
A me piacevano le farfalle prima ancora che mi entusiasmassi per la fotografia, passione che mi ha coinvolto molto più tardi, intorno ai vent’anni, con la camera oscura, i bagni chimici, i Kodachrome 25 (ASA/ISO!) e tutto l’armamentario di obiettivi e accessori. Fotografare farfalle è un genere in cui il fotografo non è protagonista, la fotografia è solo un tramite, il fotografo non è riconoscibile, è un mezzo, punto e basta, non può né aggiungere né togliere, non interpreta, si limita a documentare, qualche volta a stupire, non per merito suo però: si potrebbe paragonare al fotografo di opere d’arte, che deve rendere al meglio ciò che ha di fronte, senza tuttavia poter aggiungere nulla di personale, che non sia l’inquadratura o la luce. Niente protagonismi, niente interpretazioni: se volete diventare un Cartier-Bresson, un Weston, un Adams, insomma un famoso, non fotografate le farfalle.

Iphiclides podalirius è il nome di questa relativamente grande farfalla dall’elegante volo planato. L’illuminazione in controluce ha permesso di evidenziare la trasparenza delle ali. Canon EOS 70D con EF180 mm f/3.5L Macro USM, 250 ISO, 1/500 s - f/8, luce naturale.

La farfalla è bella e misteriosa, ha un’eleganza intrinseca ed è anche leggera, molto più leggera di quanto possa sembrare: se vi si posasse su una mano, non ve ne accorgereste nemmeno. E poi quella faccenda della metamorfosi, del bruco che diviene crisalide e poi farfalla – tre stadi che non hanno nulla a che vedere tra loro –, è una bella metafora della vita, una vita che continua trasformandosi: se ci pensiamo bene una farfalla adulta non ha proprio nulla a che vedere con il bruco che l’ha preceduta, forse l’unica traccia in comune è il numero delle zampe, sei, tutto qui. Eppure, la farfalla sembra ricordare dove è nata, tanto che spesso torna a deporre le uova proprio nello stesso punto. Che la memoria del bruco passi in quella della farfalla? Mah, forse è un caso o forse no. Diceva il premio Nobel Rita Levi Montalcini: «Gli insetti sono perfetti: non hanno libero arbitrio, quindi non possono scegliere, cioè sbagliare.»
Le mie foto delle farfalle sono dedicate a chi è ancora in grado di emozionarsi davanti a un tramonto o a un sorriso, a chi crede che la bellezza sia un valore assoluto, ancorché spesso sia gratis. Non esiste opera umana che possa competere con la bellezza di uccelli, pesci, insetti, fiori, non c’è storia, non c’è partita, perché è comunque un “prodotto” di seconda generazione, anche se certi livelli di creatività e virtuosismo paiono sublimi. Diceva il grande poeta e sceneggiatore Tonino Guerra: «Quando vedo una farfalla, le mie certezze sull'assenza di un Creatore vacillano.»

La Colias croceus, appartenente alla famiglia delle Pieridi, è caratterizzata da un volo piuttosto frenetico e quando si posa lo fa per pochi secondi, giusto il tempo di suggere un po’ di nettare come in questo caso. Fortunatamente ero appostato nel momento giusto, e l’erba del prato era abbastanza lontana da creare uno sfondo piacevolmente sfocato. Canon EOS 5D con EF180 mm f/3.5L Macro USM, 400 ISO, 1/250 s - f/9, luce naturale.

A circa vent'anni un amico mi contagiò con la sua passione per le macchine fotografiche. Si badi bene, macchine fotografiche, non fotografia. Fu un colpo di fulmine. Acquistai tutti i libri sull'argomento che trovai, feci incetta di tutti i cataloghi e lessi quintali di riviste italiane ed estere. In breve tempo avevo raggiunto una discreta conoscenza, per lo meno teorica, sulla materia. Dopo molta ponderazione, decisi il modello di fotocamera che avrei acquistato con i miei sudati risparmi (una splendida Pentax MX nera, piccola reflex meccanica) e cominciai a premere sul pulsante di scatto consumando metri di pellicola e producendo immagini che non mi soddisfacevano. Non avevo un tema preciso cui dedicarmi e così cercai di documentare nel migliore dei modi la vita delle farfalle, che già conoscevo. E così riaffiorò in me l'antica passione per i lepidotteri e decisi di iniziarne una collezione fotografica, con immagini che dovevano essere le più colorate e appariscenti possibile. E così fu. Scattai migliaia di diapositive, cercai di affinare le tecniche sperimentando molteplici sistemi, dai più semplici ai più sofisticati (allora non esistevano gli automatismi di oggi, bisognava fare complicati calcoli per l’esposizione lampo e in luce mista poiché la luce del flash era pressoché indispensabile date le sensibilità in gioco e le quasi inesistenti latitudini di posa, superfluo ricordare che non c’era nemmeno Photoshop…) e ancora oggi non posso dirmi del tutto soddisfatto: sono sempre indaffarato a inventare qualcosa di nuovo che in teoria mi possa fornire risultati migliori.

Questo macaone (Papilio machaon) era appena sfarfallato e stava facendo indurire le ali abbarbicato a un albero. Situazione molto favorevole giacché la farfalla è immobile e si ha tutto il tempo di inquadrare e scattare per ottenere l’immagine perfetta. Canon EOS 70D con EF100 mm f/2.8L Macro IS USM, 250 ISO, 1/45 s - f/11, flash con diffusore.

Stimolato da amici e parenti per i quali organizzavo estenuanti serate di proiezione, mi decisi a sottoporre qualche buona immagine a una rivista che stimavo molto e leggevo regolarmente: "Il Fotografo" di Mondadori. Fu il mio primo lavoro pubblicato e la mia prima grande soddisfazione. In seguito, anni dopo, quale esperto di macrofotografia e giornalista, collaborai alla stessa rivista, ma purtroppo fu una collaborazione assai breve, poiché la testata chiuse i battenti, lasciando nello sconforto migliaia di lettori che come me le erano molto affezionati. La seconda grande soddisfazione la ebbi quando "Natura Oggi" di Rizzoli mi fece l'onore di mettere in copertina ben undici fotografie delle mie farfalle. Oltre, naturalmente, a un ampio articolo all'interno. Contemporaneamente, furono trasmesse in tv a "Domenica In" le mie foto con un lusinghiero commento nell'ambito di una promozione dell'allora giovane rivista. Che cosa poteva desiderare di più un dilettante come me?
Da allora si è radicata in me la certezza che attraverso il mezzo fotografico avrei potuto trovare una forma di espressione, prima di tutto per soddisfare le mie attese da un punto di vista formale, di contenuto e tecnico. La fotografia è una disciplina piuttosto rigorosa, sebbene possa essere, proprio in quanto tale, forzata e trasgredita ogni tanto. Per il tipo di immagini che produco, la tecnica oltre a molta pazienza sono fondamentali: rimane il rischio di cedere a tentazioni estetiche che distolgano dalla primaria opera di documentazione il più possibile "naturale". Infatti, mi aggiro con la fotocamera alla ricerca dei miei soggetti senza forzature di alcun tipo: il rispetto della natura prima di tutto.

Bruco di Papilio machaon fotografato con la tecnica del focus stacking. Dato che il soggetto era praticamente fermo, è stato possibile fondere più immagini con diverse messe a fuoco per ottenere una maggiore profondità di campo, altrimenti impossibile da raggiungere anche chiudendo al massimo il diaframma dato il notevole rapporto di riproduzione. Canon EOS 5D Mark II con MP-E65 mm f/2.8 Macro, 320 ISO, 1/180 s - f/8, flash.

Credo a tutt'oggi di avere scattato migliaia di fotografie, vinto premi anche piuttosto importanti e pubblicato centinaia di immagini. Naturalmente, e del resto era abbastanza inevitabile, il mio hobby intorno ai trent’anni divenne professione, soprattutto nell'ambito dello still-life, immagini per redazionali e pubblicità, con banco ottico Sinar, ottiche Rodenstock e Schneider e generatori flash con enormi bank. Conciliare due professioni impegnative come quella di fotografo e giornalista non fu facile, così alla fine decisi che la fotografia sarebbe tornata a essere un hobby con qualche occasionale sbocco professionale.

Dal punto di vista strettamente tecnico, sicuramente vi sono innumerevoli modi di fotografare farfalle sul campo; per esempio a me piace fotografarle in pieno giorno mentre sono indaffarate nelle loro attività, in modo da coglierne momenti di vita significativi. So che è la situazione meno propizia, poiché con il caldo e la luce esse hanno il metabolismo al massimo, quindi sono particolarmente diffidenti e vivaci. Tuttavia, basta adottare alcuni semplici accorgimenti per riuscire a ottenere buoni risultati. Senz’altro il primo di questi è utilizzare un obiettivo con focale da 100mm in su, in modo da poter rimanere a debita distanza, il che oltretutto migliora anche il senso di prospettiva. Il secondo è indossare abiti dai colori quasi mimetici e avvicinarsi al soggetto con estrema cautela in modo da poterlo inquadrare e mettere a fuoco, sempre avendo l’accortezza di muoversi molto lentamente per evitare che si dia alla fuga proprio quando stiamo per scattare.
Il mio corredo base è costituito da una reflex fissata a un monopiede di quelli con impugnatura dotata di leva di sblocco per poterlo regolare su un’altezza consona. Una volta avvicinatomi al soggetto, appoggio il monopiede a terra e oscillo avanti e indietro finché la messa a fuoco è perfetta e a questo punto scatto, con l’autofocus disinserito e la messa a fuoco manuale impostata precedentemente in base alle dimensioni del soggetto e al relativo rapporto di riproduzione. 
Tempi e diaframmi già regolati in precedenza, anzi per la verità preferisco lavorare in automatismo con priorità dei diaframmi, con valori intorno a f/11~16 in modo da avere il giusto compromesso tra profondità di campo e nitidezza. Talvolta fotografo anche a tutta apertura per ottenere immagini particolari, specialmente in controluce. Per quanto riguarda l’illuminazione, prediligo la luce naturale come sorgente principale, magari coadiuvata da un colpo di flash opportunamente schermato con un diffusore e compensato a -1 o -1½ stop per evitare che si veda, insomma deve servire come luce di schiarita per ammorbidire le ombre, di solito crude, del sole, ma non si deve notare. Talvolta mi succede di scattare con il flash montato su una staffa, allontanato dall’obiettivo il più possibile e inclinato in modo da simulare la luce del sole obliqua, per dare profondità al soggetto. Le ombre sono un po’ dure, ma la foto risulta essere naturale, come la vedremmo con i nostri occhi. Nelle condizioni in cui opero, cioè con l’insetto in piena attività, ovviamente non c’è modo di allestire un set di posa, con luci e pannelli vari, è un po’ come andare a caccia, caccia fotografica appunto: si scatta al volo, magari ci si apposta un attimo, ma si deve essere sempre pronti a cogliere l’attimo.

Questa elegante Apatura ilia non ne voleva sapere di posarsi più in basso per lasciarsi fotografare le ali, che nel maschio hanno una piacevole colorazione cangiante azzurro/nero. Non restava che fare di necessità virtù, ottenendo un’immagine decisamente insolita che ha messo in evidenza la colorazione gialla di occhi e spirotromba. Canon EOS 20D con EF60 mm f/2.8 Macro, 200 ISO, 1/180 s - f/4,5, luce naturale.

Per quanto riguarda i tempi, cerco di non scendere sotto il sessantesimo di secondo per evitare il solito mosso (della macchina e del soggetto), anche con il monopiede ben saldo. Se poi i tempi salgono fino a 1/250 s meglio, c’è più margine. Oltre questo valore, bisogna impostare il flash per il lampeggio ad alta velocità, sempre TTL. Per riuscire a ottenere tempi e diaframmi desiderati con le differenti condizioni di luce, agisco anche sulla sensibilità: 200, 400, 800 ISO. Il valore ISO massimo raggiungibile limitando gli effetti del rumore dipende molto dal tipo di macchina e anche dal programma usato in post-produzione, quando si sviluppano i file RAW. Oggigiorno anche alla massima sensibilità il sensore e il processore fanno un lavoro egregio, limitando il rumore a livelli più che accettabili e in futuro le cose andranno ancora meglio.
È abbastanza importante, per evitare di tornare a casa delusi, cercare di conoscere un po’ i soggetti che si desidera fotografare, la loro indole. Per esempio, vi sono farfalle che volano in continuazione e non si posano mai, se non per brevissimi istanti, oppure altre che non sembrano per nulla infastidite dall’obiettivo e si lasciano fotografare tranquillamente, soprattutto quando stanno nutrendosi.
Cerco di evitare qualsiasi sistema che possa nuocere alla farfalla o indurla a forzature, tipo catturarla e poi metterla in posa dopo averla addormentata con un po’ di etere o cose così: non sto dicendo assurdità, c’è chi lo fa e il trucco spesso si vede (se è posata su un fiore e non sta succhiando il nettare, gatta ci cova...). Un altro aspetto interessante delle farfalle è la loro forma larvale e le metamorfosi che si succedono fino all’insetto adulto. I bruchi spesso hanno forme e colori straordinari, sia per mimetismo sia per farsi notare dai predatori nel caso siano velenosi. Se mi capita, ogni tanto ne allevo qualcuno per poterne fotografare i vari stadi di sviluppo e assistere così alla trasformazione in crisalide e in seguito alla nascita della farfalla, evento sempre carico di emozione. Che oltretutto, essendo possibile riprenderlo – l’evento – in condizioni controllate, con la macchina sul cavalletto, dà agio di sistemare luci e sfondi opportunamente, in modo da ottenere risultati davvero professionali. Anche qui è necessaria molta pazienza poiché spesso le fasi della metamorfosi si verificano in piena notte. Senza arrivare a tanto, è sufficiente aggirarsi con la macchina fotografica vicino a dei fiori e nella bella stagione le farfalle non tarderanno ad arrivare.

Questa crisalide di Charaxes jasius è stata fotografata utilizzando l’attrezzatura della foto qui sotto, cioè in condizioni particolarmente controllate rese possibili dall’immobilità della ninfa per settimane o mesi prima che ne emerga la farfalla. Canon EOS 70D con EF100 mm f/2.8L Macro IS USM, 100 ISO, 1/180 s - f/13, flash multipli con diffusori e pannelli riflettenti.

Il set per fare della macro in studio e in particolare per la foto n. 7: fotocamera ovviamente su treppiede, sfondo colorato abbastanza lontano da risultare sfocato, torcia con grande bank a sinistra, torcia con ombrello diffusore in alto, pannello riflettente sulla destra, foglio bianco riflettente in basso, generatore Bowens.

Una fotografia gradevole è anche il frutto di una buona composizione. Il soggetto dovrebbe non essere perfettamente centrato come si tende a fare di solito, per dare all’immagine un certo dinamismo, lasciando spazio davanti alla testa piuttosto che il contrario, oppure lo sfondo dovrebbe essere il più sfocato possibile, in modo da far risaltare meglio il soggetto. Spesso queste condizioni non sono possibili per ragioni, diciamo così, ambientali, quindi ci si accontenta di scattare una bella foto e basta, magari non sarà un capolavoro ma pazienza, è comunque un risultato, poi col tempo e l’esperienza, le cose miglioreranno. E non è detto che lo sfondo debba essere sempre sfocato, dipende dalla composizione e da cosa vogliamo ottenere, poi ognuno ha i suoi gusti, non ci si deve omologare a tutti i costi. Soprattutto bisogna continuare a scattare e imparare a scartare senza pietà le foto che non sono buone: è un buon sistema per imporsi di migliorare. Oppure, conservare le immagini che ci sembrano buone e poi, a distanza di un anno, confrontarle con le ultime: se abbiamo avuto un buon senso critico, le foto vecchie che all’inizio ci sembravano buone non saranno più nemmeno accettabili.
Una lunghezza focale superiore a 100mm aiuta a sfocare lo sfondo, ma se non si pone attenzione prima di scattare, c’è il rischio che comunque lo sfondo non venga così sfocato, perché un conto è vederlo nel mirino a tutta apertura, un altro è quando il diaframma si chiude al momento dello scatto. L’esperienza e il pulsante di chiusura del diaframma al valore impostato, la cosiddetta previsualizzazione della profondità di campo, aiutano in questi casi. E se proprio la foto del soggetto è perfetta e nitidissima, ma lo sfondo invece molto invadente, è possibile sistemare le cose in post-produzione. Purtroppo in natura e nella caccia fotografica vagante le cose non vanno sempre come ci farebbe comodo. Può capitare che il soggetto, bellissimo, non sia abbastanza lontano dallo sfondo e quindi che si fa? Si fotografa lo stesso, cercando di fare in modo che lo sfondo entri a far parte dell’immagine, che dia un contributo sull’ambiente in cui il lepidottero vive.

Questa vanessa dell’ortica (Aglais urticae) stava assaporando l’ultimo sole prima del tramonto posata su un cumulo di pietre, non proprio una situazione ideale, tuttavia non mi sono lasciato scappare questo esemplare così variopinto. Canon EOS 20D con EF180 mm f/3.5L Macro USM, 200 ISO, 1/350 s - f/4,5, luce naturale.

La più “tropicale” tra le farfalle italiane, la Charaxes jasius vive nella macchia mediterranea, prediligendo il corbezzolo come pianta su cui deporre le uova. Questa immagine risale a 15 anni fa, scattata con una delle prime fotocamere digitali, per la precisione una compatta Canon PowerShot Pro90 IS, lunghezza focale 45 mm, 50 ISO, 1/80 s - f/6,3, luce naturale. Il sensore aveva una risoluzione di appena 2,6 MP eppure, all’epoca, ne ricavai una stampa tipografica degnissima in formato A3!

 

Chi volesse approfondire, può visitare il sito www.macro-foto.it